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mag 11

Dopo i giorni del dolore e della gioia corriamo ad annunciare il Vangelo

Maurizio Patriciello - da www.avvenire.it - domenica 11 maggio 2025

«Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze… ». Nessuno è escluso dal banchetto. Milioni di occhi di uomini, donne, bambini guardavano, giovedì sera, verso il balcone da dove ti saresti affacciato. Una strana, incomprensibile, allegra frenesia aleggiava nell’aria. Non ti conoscevamo e già ti amavamo. Non sapevamo ancora con quale nome avremmo dovuto chiamarti e già ti sentivamo nostro. Una domanda sembrava riecheggiare tra le persone in attesa: «Chi cercate?» Domanda facile alla quale ci siamo accorti di non saper rispondere adeguatamente. Perché vi accalcate? Perché avete invaso Roma? Perché in ogni angolo del mondo ve ne state incollati alla televisione, al computer, al telefonino?

Sei apparso. Un boato. Una vera esplosione di gioia. Tu, Leone, meglio di chiunque, sai di chi ha davvero bisogno la gente. È Gesù che cerca. È dell’acqua che zampilla dalla sorgente del suo costato che ha sete. Tu - mica ti offendi se un povero prete osa dirti queste cose? - tu, come tutti noi mortali, sei solo un pretesto, lo specchio da fissare per poterlo meglio vedere. «Dove abiti?» gli chiesero, due millenni orsono, Andrea e Giovanni. «Venite e vedete» rispose. Andarono, si fermarono da lui, chiacchierarono, forse mangiarono qualcosa insieme. Un’esperienza da augurare a tutti. Erano le quattro del pomeriggio, un’ora che rimarrà scolpita nei loro cuori. E, senza indugiare, divennero missionari, corsero da Pietro e gli raccontarono, inciampando sulle parole, di aver incontrato il Messia; poi lo condussero da lui. Un incontro memorabile che cambiò le loro vite.

Proprio come il tuo predecessore, eri emozionato, l’altra sera, fratello Papa. Ci hai donato la pace, ci hai incitato a non avere paura, a non stancarci di costruire i ponti per accorciare le distanze tra i popoli. Hai, poi, voluto ricordare a te stesso e a noi le parole del Battista: «Lui deve crescere io diminuire». La stessa convinzione di Madre Teresa di Calcutta: «Io sono solo una matita nelle mani di Dio», e di suor Lucia di Fatima: «Io sono solo una scopa». Dopo aver spazzato la casa, la scopa scompare, viene riposta nel ripostiglio, non in salotto. Tutti concordi e con le idee chiare, i santi. Siamo uomini, abbiamo bisogno di toccare, di vedere, di essere accarezzati, di essere guidati, per evitare di cadere nelle trappole camuffate lungo le strade della vita. Andiamo alla ricerca di esperti, di padri spirituali, di maestri e testimoni innamorati di Dio, disinteressati, liberi. Abbiamo bisogno di essere perdonati, compresi, incoraggiati, confermati nella fede. Abbiamo bisogno di te, papa Leone. E tu hai bisogno di noi per essere Chiesa, Corpo di Cristo, Popolo di Dio.

Ci hai chiesto di camminare insieme. “Ut unum sint” pregò Gesù. Che siano una sola cosa. Perché il mondo creda, occorre che i cristiani siano uniti, si vogliano bene, sappiano rinunciare all’orgoglio vanitoso e sciocco che li imprigiona, soprattutto quando si ammanta di falsa spiritualità. Umiltà è la virtù della quale, in ogni tempo, necessitano i credenti. Umiltà che si fa gratitudine, perché tutto ci è stato dato in dono. All’unità, un vero cristiano deve essere disposto a sacrificare tutto, anche le sue idee. Non sempre accade. Non sempre è accaduto. E chi ne ha pagato il prezzo è la Sposa di Cristo, il cui abito, tante volte, è stato macchiato di fango, scandalizzando i piccoli.

Extra omnes. Tacciano i profeti di sventura. Chi ha smarrito la speranza non ha diritto alla parola, il pessimismo è mortalmente contagioso. Risuona, in questi giorni, l’invito di Gesù: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, io vi darò ristoro». La missione alla quale sei stato chiamato, caro padre Leone, farebbe tremare i polsi finanche ai santi e agli scaltri. Lo Spirito Santo ti ha scelto. I fratelli cardinali sono stati solo strumenti - consapevoli, inconsapevoli? - per poterti donare alla Chiesa e al mondo. “Seguimi” ti ha detto, ancora una volta, il Maestro. E tu, come sempre, non hai opposto resistenza. Uniche condizioni per ascendere degnamente alla Cattedra di Pietro: amarlo senza misura, senza calcoli, senza recriminare, senza mai cedere alla rassegnazione, ma lasciandoti guidare dallo Spirito Santo che rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, trasforma il deserto in giardino e i peccatori in santi. «Fate quello che vi dirà», ci disse Maria. «Fate quello che vi dirà» ci ripeti tu. L’umanità ha bisogno di Cristo e della Chiesa che custodisce e annuncia la Parola, consacra il Pane di vita eterna e allarga le braccia ai più poveri tra i poveri.

Georges Bernanos: «La Chiesa dispone della gioia, di tutta la parte di gioia riservata a questo triste mondo. Quello che avete fatto contro di essa, l’avete fatto contro la gioia». Nessuno osi derubare i nostri fratelli e sorelle in umanità di questo immenso dono che è la Chiesa. Nostro dovere è renderla più bella, più luminosa, più accogliente, più attraente, più caritatevole, più santa. Una sposa sempre giovane, perennemente innamorata del suo sposo, a servizio degli uomini. Chiniamo il capo, allora, apriamo il cuore, chiediamo perdono, convertiamoci. Dopo i giorni del dolore per la morte di Francesco e della gioia per il dono di Leone, mettiamoci in cammino. La messe è sempre più grande, tempo per la noia e per le chiacchiere non ne abbiamo. Con la nostra stessa vita corriamo ad annunciare il Vangelo della Vita. È il regalo più bello che possiamo fare a noi stessi, a Dio, al Papa, all’umanità.

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