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Il Pane eucaristico fatto in carcere, modello “esportato” nel mondo

Paolo Lambruschi - da www.avvenire.it domenica 5 settembre 2021

Partito da Opera, il progetto di produzione delle ostie dietro le sbarre ha coinvolto diocesi e istituti penitenziari in tutto il mondo. Mosca Mondadori: sono percorsi di vera conversione

Da cinque anni mani che si sono sporcate di sangue e hanno ucciso producono ostie nelle carceri di mezzo mondo. Tra poco lo faranno anche in Brasile. Sta facendo strada ‘Il senso del pane’, il progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti. Avevamo raccontato la gestazione su Avvenire pubblicando nel Natale del 2015 la lettera dei primi tre detenuti del carcere di Opera - Giuseppe, Ciro e Cristiano - coinvolti.

Nella prigione milanese è partito, con il contributo della Fondazione Cariplo, il primo laboratorio. Dal gennaio 2016, anno del Giubileo della Misericordia, dopo che le ostie sono state consacrate per la prima volta da papa Francesco, vengono donate a decine di chiese in tutta Italia e all’estero.

«La forza e l’immediatezza dell’idea - spiega Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Casa dello Spirito e delle Arti - è che il pane per la celebrazione eucaristica viene prodotto da chi ha ucciso, ma ha seguito un autentico percorso di conversione interiore e pentimento. Questo ha incoraggiato l’adesione di oltre 500 tra diocesi italiane e straniere, congregazioni religiose, parrocchie, monasteri, che ricevono gratuitamente le ostie portando alla produzione artigianale di oltre 4 milioni di particole. Un paradosso, un modo per comunicare a credenti e non l’infinita misericordia dell’Amore divino».

E un modo per far entrare la dignità in carcere. Ogni persona fragile - 70 quelle finora coinvolte - ha infatti imparato un mestiere ed è stati assunto a tempo indeterminato. Grazie al contributo del presidente di Banca Mediolanum, Ennio Doris, il progetto è decollato. Da Opera sono nati infatti nuovi ‘laboratori eucaristici’ in Italia e all’estero creando reti con missioni o diocesi. Sono sorti ad esempio a Buenos Aires, dove vi lavorano giovani ex tossicodipendenti, a Pompei e a Betlemme, in Etiopia con ex ragazzi di strada, a Barcellona e Maputo con ex carcerati. Il progetto sta approdando in Brasile, a Itauna, dove si adotta il metodo di gestione del carcere Apac (inizialmente acronimo di ‘Amando il prossimo amerai Cristo’ diventato ‘Associazione di protezione e assistenza ai condannati’).

Il valore del metodo, che non prevede carcerieri, è stato riconosciuto internazionalmente ed è presente in 100 città in Brasile e in 27 Paesi, Italia compresa. Il tasso di recupero e reinserimento sociale nelle strutture Apac è dell’85%, contro una media mondiale del 30. Lo slogan delle carceri che adottano Apac è: ‘Dall’amore nessuno fugge’. Complemento al ‘Senso del pane’ e alla sua idea di liberazione.

L’INTERVISTA A ENNIO DORIS (MEDIOLANUM): PERCHE’ HO DECISO DI SOSTENERE IL PROGETTO

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