USA
lug 20

«Per Mosca la Santa Sede sta facilitando la pace con Kiev»

Giacomo Gambassi, Roma  - da www.avvenire.it - domenica 20 luglio 2025

Parla Ivan Soltanovsky, rappresentante della Russia in Vaticano. «Difficile che possa la sede dei negoziati. Il Papa a Mosca non è all’ordine del giorno. La missione di Zuppi, fra fiducia e risultati»

«È un dialogo rispettoso, continuo e pragmatico quello fra la Federazione Russa e la Santa Sede. E di questi tempi si tratta di una positiva eccezione sia sulla scena europea, sia su quella planetaria. Tutto ciò è significativo dal nostro punto di vista e conferma quanto per noi il “fattore vaticano” sia rilevante sul piano politico mondiale». Ivan Soltanovsky ha il tono disteso. Quasi a voler confermare ciò che indica il barometro delle relazioni fra Mosca e Oltretevere. È l’ambasciatore della Russia presso la Santa Sede, arrivato in Italia a metà della guerra in Ucraina, dopo essere stato rappresentante presso il Consiglio d’Europa.

Dalle finestre della sede diplomatica si vedono i pellegrini del Giubileo lungo via della Conciliazione. A inizio giugno, dopo oltre tre anni di invasione su vasta scala, il presidente Vladimir Putin ha telefonato al Papa. Prima chiamata. E con Leone XIV. «Un colloquio fra due capi di Stato voluto dal nostro presidente per congratularsi personalmente con il Papa per l’elezione, dal momento che non era potuto essere presente alla Messa di inizio pontificato - racconta l’ambasciatore -. Una conversazione che, però, è stata ben più che un ringraziamento protocollare». Con il conflitto in Ucraina entrato nella telefonata. «Non vediamo la Santa Sede in un ruolo di mediatore politico. Tuttavia la consideriamo un facilitatore - spiega Soltanovsky ad Avvenire -. Con la sua azione favorisce il dialogo tra Mosca e Kiev contribuendo a creare un clima più sereno che può portare a proficui colloqui di pace. Pace che la Russia desidera, non meno di coloro che dicono di volere porre fine alle ostilità e poi riarmano le autorità di Kiev». Una pausa. «In realtà la Santa Sede sta già agevolando i contatti fra le parti. Lo mostra il suo apporto sul versante umanitario, frutto dell’autorità morale di cui gode».

Il riferimento è alla “diplomazia umanitaria” che vede la rete vaticana impegnata ad alimentare il canale fra le due capitali sullo scambio dei prigionieri di guerra e sul rimpatrio dei bambini ucraini. Liste di nomi che passano anche dalle stanze dell’ambasciata a due passi da piazza San Pietro dove più volte si è recato il cardinale Matteo Zuppi, incaricato della “missione di pace” concepita da papa Francesco. «È un buon segno che Leone XIV abbia confermato il mandato del cardinale Zuppi per la missione umanitaria - afferma il diplomatico -. E possiamo attestare che ha avuto un ruolo fruttuoso anche nella liberazione di decine di nostri civili che l’esercito ucraino aveva deportato dalla regione di Kursk». È l’oblast russa al confine con l’Ucraina dove le truppe di Kiev erano penetrate nell’agosto 2024 e poi sono state espulse negli ultimi mesi.

Leone XIV è tornato a ribadire la disponibilità ad accogliere in Vaticano i rappresentanti di Mosca e Kiev per “far incontrare i nemici”. C’è un’apertura russa?

«Anzitutto, dobbiamo capire che cosa si intenda per nemici. Non consideriamo nemico il popolo ucraino. Diversa è la valutazione sul governo che lo guida. C’è apprezzamento per la proposta del Papa. Ma per ragioni di congiuntura politica e di natura logistica, è molto difficile immaginare che il progetto si realizzi. Penso, ad esempio, al regime di sanzioni contro la Russia da parte dell’Unione Europea che limita gli spostamenti. Ritengo sia più pratico proseguire gli incontri in Turchia che è un Paese della Nato ma non ha introdotto restrizioni. Certo, non vorremmo passare per ingrati verso il Papa se evidenziamo i problemi di fattibilità. La nostra ministra della Cultura, Olga Borisovna Ljubimova, ha dovuto impiegare dieci ore per giungere da Mosca a Roma per la Messa esequiale di papa Francesco, anche se riconosciamo alle autorità italiane la loro collaborazione che ha permesso l’arrivo della delegazione russa».

Che cosa resta della telefonata del 4 giugno fra Putin e papa Leone?

«Secondo il comunicato stampa del Cremlino, durante la conversazione sono state discusse questioni di portata mondiale. Ad esempio, si è parlato della situazione, a volte drammatica, dei cristiani nel mondo e di quanto sta accadendo in Medio Oriente. Perché consideriamo la Santa Sede un elemento di stabilità globale. Poi il presidente ha spiegato le ragioni della nostra politica nei confronti dell’Ucraina, perché il conflitto ha ramificazioni, conseguenze e dimensioni più ampie rispetto ai due Paesi coinvolti».

Il Papa ha chiesto a Putin un gesto di pace.

«Se avessi già avuto un contatto personale con Leone XIV, gli avrei chiesto che cosa intendesse. Con Papa Francesco ho avuto incontri e conversazioni interessanti. Direi che abbiamo già lanciato segnali di distensione: cito l’annuncio di una tregua in occasione della Pasqua o il cessate il fuoco di tre giorni per la Giornata della vittoria il 9 maggio. Segnali che non sono stati ricambiati. Andare oltre è per adesso complicato. Esistono, però, importanti gesti umanitari: penso all’ultimo accordo per lo scambio di mille prigionieri di guerra o alla riconsegna dei corpi degli ucraini caduti che andrà avanti. Il resto dipende dalla situazione sul terreno, dalle forze in campo, dal contesto internazionale».

Leone XIV, non appena eletto, ha pronunciato la parola “pace”. E la ripete spesso. Come la Russia vede il Papa della pace?

«”Pace” è un vocabolo che caratterizza i Pontefici. Mi stupirei se il nuovo Papa non la usasse. Accogliamo con favore il suo richiamo alla pace perché il Pontefice coniuga in sé sia la dimensione spirituale sia quella politica. Pertanto i suoi appelli hanno una valenza non solo per la comunità cattolica, ma per il mondo intero. Anche il popolo russo, compresa la sua classe dirigente, cerca la pace. La nostra visione e le nostre aspirazioni concordano con quelle del Papa».

Quale giudizio sulla diplomazia umanitaria che sta attuando della Santa Sede?

«Giudizio molto positivo. È chiaro quale sia uno degli intenti: ritessere relazioni di fiducia che sfortunatamente sono venute meno. E il Vaticano, che ha sempre assunto una posizione pragmatica e neutrale, sta offrendo un contributo significativo. Come testimonia il fatto che abbia reso possibili i contatti tra i difensori civici di Russia e Ucraina che assieme ai nunzi partecipano alle conversazioni tra le parti sulle questioni umanitarie. In quest’ottica apprezziamo ciò che sta facendo il cardinale Zuppi che è assai creativo e ha visitato il nostro Paese due volte. Grazie a lui è attiva una linea di comunicazione fra noi e l’Ucraina. Poi abbiamo appurato che gode della fiducia anche di altri attori internazionali, come gli Stati Uniti».

Uno degli ambiti d’intervento è il rilascio dei prigionieri.

«Per mezzo del Vaticano esiste una solida infrastruttura di scambio di informazioni da entrambe le parti. Vengono inviate le liste di nomi; e ogni caso è verificato in modo meticoloso. Certo, la Santa Sede non è l’unica entità in campo».

E i bambini ucraini finiti in Russia?

«Il caso è ingigantito dalla propaganda per scopi politici. Dire che ci sono in ballo 20mila bambini è una falsità. In molte circostanze i genitori avevano problemi oppure i piccoli vivono con gli stessi genitori in altri Paesi. Al massimo sono trecento o quattrocento casi di minori ricercati dai parenti. Si tratta comunque di una delle priorità nella nostra agenda: le autorità hanno dato istruzione di occuparsi della situazione e di risolverla. Abbiamo già contribuito a vari ricongiungimenti di genitori e figli. Cento bambini si sono riuniti con le loro famiglie sul territorio ucraino e in altri Paesi; ventidue sono tornati alle loro famiglie in Russia. Alcune liste ci sono state fornite dal cardinale Zuppi che ha istituito una sorta di meccanismo di garanzia fra Mosca e Kiev con contatti diretti anche in videoconferenza. E la presenza dei nunzi delle due capitali è un’assicurazione».

Perché non ci sono le condizioni per la fine del conflitto?

«Se vogliamo una pace reale, giusta e duratura, come dice anche il Papa, vanno rimosse le cause che hanno portato agli scontri. La prima è la minaccia alla nostra sicurezza da parte di chi sta spingendo l’Ucraina verso la Nato. Paese che deve essere neutrale. Poi è inammissibile il divieto dell’uso della lingua russa per i cittadini ucraini che la impiegano in molte parti della nazione essendo la loro lingua madre. E non va dimenticata la discriminazione della Chiesa ortodossa canonica in Ucraina che le autorità di Kiev hanno sancito. Senza soluzioni adeguate, un cessate il fuoco verrà solo sfruttato da coloro che sostengono l’Ucraina per rifornirla di nuovi armamenti».

La Russia dice di volere la pace, ma bombarda in maniera sempre più massiccia l’Ucraina e, secondo l’Onu, sono più di 12mila i civili uccisi.

«La Federazione Russa ha obiettivi militari. E continua a colpire il complesso militare-industriale da cui escono le armi con cui il regime di Kiev compie attacchi terroristici sul nostro territorio. Noi non prendiamo mai di mira la popolazione civile».

L’Europa si riarma per difendersi anche da Mosca. La Russia vuole attaccare l’Europa?

«Sono fobie instillate da certi politici. La maggior parte dei leader dell’Ue dovrebbe capire che non è nel loro interesse una politica anti-russa che penalizza la popolazione sia economicamente, sia culturalmente. L’Europa non può esserci senza la Russia. E la Russia non può prescindere dall’Europa. Inoltre dovrebbe esserci un sistema di sicurezza continentale eurasiatica che non escluda nessuno: e quindi comprenda anche Russia e Ucraina».

Ci sarà mai una visita del Papa in Russia?

«Per adesso non è all’ordine del giorno. Ma la dimensione religiosa è di grande importanza».

© Riproduzione riservata

Pagelines | Design