Dono e volontariato: così i giovani vogliono fare la differenza
Francesco Riccardi lunedì 22 settembre 2025 - da www.avvenire.it
Il rapporto dell’Istituto Italiano del Dono evidenzia l’apporto dei 14-35enni: sostegno a pace, diritti e ambiente. Le donazioni monetarie in leggera ripresa
Resta stabile, anzi è in leggerissima crescita, la propensione degli italiani al dono monetario, di tempo e biologico. Segno di un desiderio di aiutare gli altri che rimane vivo e può ancora crescere se viene incoraggiato e sostenuto. Soprattutto tra giovani e giovanissimi che costituiscono il segnale di maggiore novità (e speranza) di quest’anno.
A dirlo sono i dati dell’8° rapporto “Noi doniamo”, redatto dall’Istituto Italiano del Dono in occasione della Giornata nazionale del 4 ottobre, rielaborando i dati di diverse fonti come Istat, il magazine Vita, Doxa e Centro nazionale sangue tra le altre. Emerge così che gli italiani oltre i 14 anni che hanno donato denaro ad un’associazione almeno una volta nel 2024 è aumentato di 0,6 punti percentuali, attestandosi all’11,6%. In valore assoluto, si tratta di 6.021.000 di donatori. Ancora più forte - il 9,8% - è l’aumento delle donazioni portate in detrazione o deduzione nelle dichiarazioni dei redditi, secondo quanto riporta il magazine Vita, che registra come nell’anno di imposta 2022, gli italiani abbiano donato poco meno di 7 miliardi e mezzo di euro. Per contro, invece, è in calo la percentuale delle persone che donano in maniera informale: dal 55 si è passati al 50% secondo la Doxa. Stabili o in leggerissima crescita sono anche le entrate di un campione di 376 organizzazioni non profit: il 41% registra un incremento della raccolta fondi (nel 2023 era il 38%), il 40% una stabilità (era il 38%) e solo il 19% denuncia un calo (il 24% nel 2023).
Bene sono andate anche le donazioni di sangue ed emocomponenti - oltre 3 milioni, +1,1% - da parte di 1,67 milioni di donatori. In particolare, per il plasma l’incremento è stato del 3% fino alla quota record di 900 tonnellate (tuttavia non ancora sufficienti a coprire interamente il fabbisogno). Un anno da primato anche per la donazione di organi e tessuti: +3,7% e +1%, con 15,5 milioni di consensi all’espianto contenuti nelle dichiarazioni in vita depositate.
È però forse dal volontariato che arrivano i dati più confortanti. Secondo l’Istat, infatti, le persone che svolgono attività gratuite in associazioni di volontariato sono passate nel 2024 dal 7,8 all’8,4% (ma altre indagini sempre Istat arrivano a calcolare una percentuale superiore, al 9,2%). Comprendendo chi fa il volontario in maniera occasionale e non in un’organizzazione, si arriva a quasi 6 milioni di persone variamente impegnate. Ed è in questo campo che si contraddistinguono in particolare i giovani.
Sono infatti 1 milione e 31mila i volontari tra i 14 e i 35 anni impegnati nelle organizzazioni, in prevalenza ragazze (53,4%), a cui si devono aggiungere altri 300mila giovani che prestano la loro opera in associazioni non di volontariato, fino ad arrivare così a un quarto del totale delle persone che dedicano tempo a favore degli altri. Un universo composito, che Paolo Anselmi di Walden Lab, Barbara Martinelli di Eumetra e Francesco Spagnolo della Caritas hanno analizzato all’interno del rapporto, sottolineando alcune caratteristiche fondamentali. A cominciare dall’«elevata mobilità, con una maggiore tendenza, rispetto agli adulti, a cambiare le organizzazioni in cui si impegnano o che sostengono». I giovani scelgono infatti soprattutto le cause da sostenere, più che l’ente o l’organizzazione, «sono maggiormente idealisti e proiettati verso il futuro, preferiscono quindi sostenere associazioni che si battono in difesa dei diritti civili e la pace, l’ambiente e la protezione degli animali, la tutela del patrimonio artistico». Ciò che spinge i giovani a donare ha a che fare soprattutto con la dimensione sociale che sembra contare più di quella individuale. La donazione è vissuta infatti come opportunità di contribuire al bene comune e di “fare la differenza”.
«La gratificazione personale - il “sentirsi bene con sé stessi” per aver fatto qualcosa di buono - è presente e agisce come rafforzamento della motivazione sociale. A contare così è il senso di partecipazione e di appartenenza che la donazione genera, il sentirsi parte di un progetto condiviso, di una comunità impegnata a rendere migliore il mondo in cui viviamo», scrivono i ricercatori. Per questo i giovani pretendono da parte delle organizzazioni una comunicazione trasparente e concreta, che dia conto dei risultati raggiunti e trasmetta la sensazione che la propria donazione abbia avuto un impatto reale sui progetti sostenuti. Specularmente, abbandonano gli enti di cui percepiscono una mancanza di trasparenza e di efficacia.
Particolarmente interessante l’analisi di Francesco Spagnolo sul volontariato nel mondo Caritas, in cui si evidenzia che la prima spinta emerge dall’attività in parrocchie e oratori, evidentemente ancora ambienti privilegiati di crescita personale, motori e palestre d’impegno per gli altri. «Per gli under 35, rispetto al resto dei volontari, la motivazione più forte risulta “essere utile agli altri, alla società“; solo un quarto del campione dichiara, invece, di fare volontariato spinto dalla fede religiosa. Questa situazione è ribaltata se guardiamo al resto del campione di volontari più adulti, dove la componente religiosa rappresenta la motivazione prevalente”». Ragazze e ragazzi che vogliono fare la differenza per gli altri, insomma, assai prima che per sé stessi o per affermare la loro identità. Ribaltando così alcuni degli stereotipi sull’egoismo e l’indifferenza delle generazioni più giovani.
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