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nov 02

I medici ucraini che studiano in Italia: «Dobbiamo salvare i nostri bambini»

di Andrea Ceredani

L’ospedale pediatrico Meyer di Firenze ha formato quattro ricercatrici di Kiev su nuovi test di screening: «Così evitiamo viaggi fatali per le famiglie»

2 novembre 2025 - da www.avvenire.it

Il professor Giancarlo La Marca con le quattro ricercatrici di Kiev / Meyer

Per raggiungere l’Italia hanno dovuto percorrere decine di chilometri in auto, salire su un treno che le ha condotte in Polonia e decollare, da Danzica, a bordo di un aereo per Firenze. Quattro ricercatrici ucraine del Centro di genetica medica dell’ospedale nazionale pediatrico di Kiev hanno lasciato per una settimana i loro pazienti - e «la guerra che ogni giorno rallenta il lavoro dei medici» - per studiare nuove tecniche di screening neonatale al nosocomio pediatrico Meyer di Firenze. «Al nostro “Ohmatdyt” - racconta la dottoressa Olena Kutsyk -, il più grande ospedale pediatrico in tutta Ucraina, in questi anni di guerra abbiamo praticato lo screening neonatale anche sotto le esplosioni e senza elettricità. Per questo, ora abbiamo bisogno di conoscere tecniche più raffinate: così, anche in queste condizioni, potremo offrire ai nostri figli diagnosi di qualità superiore per le malattie metaboliche ereditarie». L’obiettivo del viaggio, per Kutsyk e le sue colleghe, è uno soltanto: «Dobbiamo salvare le vite dei nostri bambini - ripete la dottoressa ad Avvenire -. È ancora più importante in questo periodo doloroso, in cui dobbiamo curare anche le ferite della guerra».

Le quattro biologhe genetiste hanno deciso di formarsi al Meyer di Firenze, che collabora con l’Ohmatdyt di Kiev dall’inizio della guerra nel 2022, perché possiede il più esteso pannello di screening d’Europa. La settimana di formazione, dal 23 al 31 ottobre scorso, è ruotata attorno allo studio di test in grado di ridurre il numero di “falsi positivi” nel monitoraggio delle malattie ereditarie tra i neonati. «Un falso positivo - spiega il dottor Giancarlo La Marca, responsabile del Laboratorio di screening neonatale del Meyer, che ha guidato i lavori - è un bambino che non ha una malattia ma che, per una serie di motivi, risulta positivo al test di screening». Nella pratica, ogni volta che appare un “falso positivo” il neonato e la famiglia devono essere richiamati all’ospedale per nuovi controlli. Ma, a Kiev, anche i più brevi spostamenti sono percorsi a ostacoli: «Nella tremenda situazione del conflitto in atto - continua La Marca - un richiamo di una famiglia senza avere la quasi assoluta certezza che il test di screening sia positivo è un rischio che può diventare anche fatale. Muoversi tra una città, o una regione, e l’altra è estremamente complesso e pericoloso». Secondo le dottoresse ucraine, poi, un monitoraggio più preciso alleggerirebbe anche il lavoro dei medici di Kiev: «Molte volte in questi anni di guerra - spiega la ricercatrice Yuliia Zhyvytsia - abbiamo perso l’accesso all’elettricità e spesso non siamo riuscite a reperire i materiali di laboratorio necessari per lo screening sui neonati. Ma credo che ora, con i test di seconda istanza, le cose andranno meglio». I test di cui parla Zhyvytsia sono esami aggiuntivi che possono essere effettuati sullo stesso campione di sangue prelevato dal neonato, senza bisogno di un richiamo. In altre parole, senza costringere le famiglie ucraine a viaggi pericolosi. «Per tutta la settimana abbiamo lavorato su questi test - spiega La Marca -. Noi li abbiamo sviluppati da circa 15 anni: sono molto utili per cercare le sostanze che si accumulano e avere quasi l’assoluta certezza di non incappare in “falsi positivi”. Ma per i medici ucraini, che almeno una volta al giorno devono correre nei rifugi dell’ospedale pediatrico, ridurre il numero di richiami è ancora più importante». Sulla possibilità di implementare queste tecnologie al nosocomio di Kiev, le ricercatrici sono ottimiste: «Speriamo che la guerra finisca presto - continua Kutsyk - ma nel frattempo grazie all’aiuto dell’Italia, a cui siamo veramente grate, potremo effettuare esami più precisi sui nostri bambini anche in condizioni difficili».

La collaborazione tra il Meyer di Firenze e l’Ohmatdyt di Kiev, però, non si ferma alla formazione dei medici ucraini. A settembre, la diagnosi precoce di una rara immunodeficienza da parte dell’ospedale italiano ha salvato la vita a un bambino ucraino sottoposto al trattamento terapeutico in Germania. «La famiglia ha deciso di trasferirsi in Germania - spiega il dottor La Marca - per curare il neonato in una nazione più sicura. I colleghi tedeschi ci hanno chiesto di confermare la diagnosi: lo abbiamo fatto ed è iniziata la terapia». Ma, secondo il dottore fiorentino, i meriti del salvataggio vanno ai medici di Kiev: «Riescono a mantenere efficiente la medicina preventiva nonostante la guerra - conclude -. Hanno tutta la nostra ammirazione».

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