La caduta del muro di Berlino
nov 19

di Davide Rondoni

La maggior parte dei ragazzi manda in aula il proprio “avatar”. Loro sono altrove. È comodo pensare che il problema dei ragazzi sia diverso dal nostro ardore spento. Serve un nuovo approccio

19 novembre 2025 - da www.avvenire.it

La sfida-giovani è drammatica in Italia. A cominciare dalla scuola /Siciiani

Qualche giorno fa, la presidente del Consiglio, al termine della importante Conferenza sulle Dipendenze, voluta dal Dipartimento che fa riferimento al sottosegretario Alfredo Mantovano, ha concluso il suo intervento citando un mio articolo uscito su queste colonne. Accoglieva il mio allarme per tre sfide che non sono interpretabili e affrontabili solo con provvedimenti di bilancio ed economici: giovani, destatalizzazione della cultura e valore paritario del lavoro femminile. La sfida “giovani” è drammatica per questo Paese. Non solo perché il Paese invecchia e troppi se ne vanno, ma anche perché non si vuole affrontare il vero problema che hanno i ragazzi. Cioè gli adulti. Si pensano interventi che stanno a metà tra la “coccola di Stato” e la surreale mancanza di “fantasia al potere”, tra idee confuse e burocrazia soffocante. Li stiamo deprimendo, abbiamo lenti sbagliate per leggere i loro disagi, non lasciamo liberare le loro risorse. E poi ci lamentiamo se non fanno figli o se sono irrequieti. La generazione Maastricht paga errori madornali di geopolitica, come una fallimentare Ue. E non si interviene su questioni che riguardano gli adulti (e certe posizioni di rendita e stagnazione) che perciò hanno conseguenze sui giovani. Alcuni esempi.

Una scuola che è “a misura di insegnante”, funzionario di Stato, si sta contorcendo in una crisi grottesca. Le scuole in cui i nostri giovani passano 5, 6 ore al giorno sono luoghi surreali (e spesso frustranti). Non si tratta di dare la caccia a chi ne ha la colpa. Ma difendere l’esistente senza mutarlo radicalmente è da folli. La maggior parte dei ragazzi manda il proprio “avatar” a scuola. Loro sono altrove. E la scuola deve certo essere un controcanto alla società, ma autorevole e credibile. Non un pastrocchio dove, dopo aver ammannito migliaia di ore di letteratura, scienza storia arte (poca, e in Italia!), ci si accorge di dover fare “educazione affettiva”. Cioè si dichiara fallimento. Cosa si era fatto finora? Primo dunque cambiare la scuola, non più proteggendo i funzionari adulti (malpagati, a volte santi, spesso frustrati e comunque irremovibili) ma pensandola intorno ai ragazzi e ai loro talenti. E finalmente abolire il valore legale del titolo di studio universitario. Si costringerebbero i professori a non vivere protetti, a selezionare davvero le eccellenze. L’accesso alle professioni infine non può essere una via crucis fatta sul calvario di Ordini Professionali che chiedono ai giovani di laurearsi e poi fare tirocini e poi esami e poi stage (succhiando soldi a ogni passaggio). È urgente liberarsi da tali caste e lasciar fluire il tentativo di misurarsi nel lavoro appena conseguita la laurea ed eventuale specializzazione (pagata) come per i medici. Così si premieranno i percorsi più adatti a formare le persone (non solo istruirle). Non è più ammissibile che professionisti con ville al mare offrano 500 euro per un stage a un laureato. Non è più ammissibile che il “pezzo di carta” fatto sognare ai ragazzi garantisca comodi posti agli adulti. Non è ammissibile che adulti che han fatto crollare certezze e riferimenti poi si puliscano la coscienza affibbiando lo psicologo di Stato ai propri figli. È comodo pensare che il problema dei ragazzi sia diverso dal nostro ardore spento, da tale ex-comfort avvilito. Spero che la classe politica prenda iniziativa. Su questo servire o no la miccia verde dalla vita, cioè i giovani, i poeti con il loro nessun potere valuteranno sempre il potere.

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