Tutti i Santi
ott 31

No, la fede non “festeggia” la morte. Perché Cristo lha attraversata, e vinta

di Marina Corradi

Alcune precisazioni sui defunti, il Vangelo e Halloween. Rilevando che i cristiani dovrebbero mantenere la loro radicale diversità, non cedere all’amalgama del pensiero debole

31 ottobre 2025 - da www.avvenire.it

Un allestimento per la festa di Halloween con zucche e maschere/ SICILIANI

«Perché tanta paura a trattare (e festeggiare) la morte?». Sara Zambotti, antropologa, martedì nella sua rubrica online di Avvenire ha sollevato la questione. In Occidente, dice Zambotti, «seguendo spesso più le nostre paure che quanto suggerito dalla religione, abbiamo nascosto la morte negli ospedali, nei cimiteri, in luoghi che da Napoleone in poi sono fuori dalle mura dei centri abitati». Infatti, i primi “Hôtel-Dieu” sono nati dalla carità cristiana, per raccogliere i poveretti che venivano lasciati morire da soli per strada. All’ospedale di Beaune, in Borgogna, davanti alla fila dei letti dei moribondi veniva spalancato un meraviglioso trittico raffigurante l’Aldilà. Come a dire: non andate nel nulla. Quanto allo spostamento dei cimiteri al di fuori delle città, lo si deve appunto alla riforma napoleonica. Tutte le pievi delle nostre montagne hanno ancora tuttavia, nel piccolo cimitero accanto alla chiesa, i loro morti. Il cristianesimo è alla radice dell’Occidente, e questo ha fatto sì che da noi, almeno fino al terzo millennio, non si sia “nascosta” la morte. Gli atteggiamenti circa la morte sono diversi fra le diverse culture: «Maurice Bloch riferisce come in Madagascar famiglie pratichino il Famadihana (la “svolta delle ossa”), riesumando i resti del defunto, avvolgendoli in nuovi sudari, portandoli in processione e danzando con essi. Nei Días de Muertos di origine messicana i defunti tornano spiritualmente in famiglia e gli si preparano altari e offerte commemorative». Ovvio, diremmo. Paese che vai usanza che trovi, almeno prima che ci globalizzassero. In Italia l’usanza era fino a qualche anno fa - e per qualcuno è ancora - quella della tradizione cristiana: il 2 di novembre si portano fiori ai propri morti, anche venendo da lontano, e le famiglie si ritrovano e ricordano quelli che hanno perduto. Il cristianesimo non “festeggia” la morte. Ben sapendo quanto nella realtà sia annichilente la morte di chi è caro, di una madre, di un padre, di un figlio.

Gesù Cristo ha pianto di commozione davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, prima di resuscitarlo. Non ha tollerato le lacrime dei genitori attorno al corpo esanime di una fanciulla («La bambina non è morta, ma dorme»). E soprattutto ha affrontato la morte, quella più dolorosa e umiliante, in Croce, nei lazzi dei soldati romani. Gesù Cristo sulla Croce è morto davvero, e davvero, nella notte del Sabato, ha attraversato la morte, portando il suo volto nei più disperati recessi degli Inferi. Cristo è stato sepolto davvero, e davvero è risorto. I cristiani da duemila anni festeggiano non la morte ma la Resurrezione. La vittoria su quella morte che sconvolge chi viene lasciato solo, e ben difficilmente, se ha provato questo abbandono, ha voglia di festeggiare con gli scheletri di gomma ad Halloween. Certo, i bambini, i ragazzi, che ancora non sanno, non capiscono. Per loro è un gioco. Per altri è un grandioso mercato di zucche e teschi, invasivo, dagli ipermercati agli autogrill: il che spiega il successo in Occidente di Halloween. «L’antropologia ci insegna che sono molti e diversi i modi in cui le comunità affrontano l’esperienza universale della morte (…). Possiamo solo auspicarci di imparare a vivere insieme nella diversità per continuare a farlo anche dopo», conclude Zambotti. Vivere insieme nella diversità, ci va benissimo. Se solo potessero anche i cristiani mantenere la loro radicale diversità, non cedendo all’amalgama del pensiero debole in cui dovrebbero rispettosamente confondersi. Noi non festeggiamo la morte. Crediamo in un Dio che ha vinto la morte, dandoci la speranza che anche la nostra, e di quelli che amiamo, non sia per sempre. Cristo non ha giocato con la morte, l’ha fatta passare attraverso la Croce. Questo dice il Credo di Nicea.

«Non conformatevi alla mentalità di questo mondo», scriveva Paolo nella Prima Lettera ai Romani, sapendoli immersi nella civiltà pagana. Lo si direbbe scritto appena ieri.

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