La Nuova Europa riparte da Camaldoli: una federazione per rifondarla
Angelo Picariello, inviato a Camaldoli (Ar) domenica 14 settembre 2025 - da www.avvenbire.it
Approvato il documento stilato da 115 giuristi, intellettuali ed economisti. La gratitudine del cardinale Zuppi: «Rimettersi al lavoro insieme, come nel 1943». Pace e nuova governance punti cruciali
Il cammino per una Unione Federale inizia dall’eremo dove i cattolici italiani si riunirono 82 anni fa, a guerra ancora in corso, per mettere le basi di una Costituzione che ripudia la guerra come strumento di composizione dei conflitti internazionali. Un’Europa che sia in grado di incidere sui processi di pace, che faccia «quello che ha dimostrato di saper fare», dice la professoressa Patrizia Giunti, presidente della Fondazione Giorgio La Pira, il “sindaco santo” che oggi ricordiamo come straordinario interprete di quel realismo cristiano capace di sperare quando tutto indurrebbe a disperare.
Non è un cammino che inizia oggi, e tanto meno oggi si conclude. Fu il cardinale Matteo Zuppi a evocare per la prima volta una “Camaldoli europea”, proprio qui, due anni fa, e ieri alla presentazione di “Un codice per una nuova Europa” - elaborato da 115 esperti (giuristi, politologi, economisti, operatori sociali) coordinati dall’associazione “Nuova Camaldoli” di Firenze - è intervenuto con un messaggio nel quale ha ringraziato Paolo Magnolfi e i suoi collaboratori :«Perché la nuova Camaldoli?», si è chiesto Zuppi. «Perché occorre la capacità di sognare e di indicare i valori e le strade, i programmi anche, come nel 1943. Ecco - ha aggiunto -, dobbiamo rifare lo stesso per l’Europa. Ripartendo dai padri fondatori, facendo nostri i sogni ma anche la consapevolezza, l’urgenza la necessità dell’Europa», evocata da Sergio Mattarella in quello stesso incontro, due anni fa. Zuppi ha anche indicato i due temi principali di questo appello che parte da Camaldoli e che chiede agli Stati e agli uomini di buona volontà di assumere una nuova iniziativa: un lavoro per la pace e una nuova governance europea. «In un momento così difficile, sperimentiamo la debolezza dei meccanismi, la necessità però di questi meccanismi e quindi della loro manutenzione, la necessità di pensarci insieme». Per il riarmo di cui si parla Zuppi riconosce, proprio nel segno dei padri fondatori, «la necessità della Difesa, della costruzione di una Difesa comune, che sia indispensabile sia per la sua efficacia ma soprattutto per quello che rappresenta, Da fare insieme», raccomanda. Un’Europa che sia, conclude Zuppi, «nel segno della “Fratelli tutti”, che è l’unica via per evitare la catastrofe della guerra e l’ingovernabilità del mondo».
Difesa comune, quindi. Mentre, ha aggiunto la professoressa Giunti nel corso del dibattito successivo, «quando sento che Francia e Germania si riarmano la storia insegna che c’è da preoccuparsi». Il lavoro dell’associazione fiorentina “Nuova Camaldoli” è iniziato nel 2018 e la scorsa estate si è interfacciato con la Settimana sociale di Trieste che ha dedicato all’ “Europa delle giovani generazioni” una delle piazze della democrazia. Ne è scaturito «un processo che abbiamo accompagnato con simpatia», spiega il professor Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico e organizzatore della Settimana sociale. «Il 90% dei cittadini europei vorrebbe un’Europa più unita a presidio della pace - ha aggiunto -. C’è un forte tasso di fiducia nelle istituzioni europee, specie fra i giovani, che fatica a farsi sentire». Fra le proposte c’è anche quella di un commissario europeo per la pace, Stefano Zamagni vedrebbe bene anche la previsione di un ministero per la pace in ogni Stato membro. Il professor Antonio Maria Baggio propone anche la creazione di «corpi civili di pace europea» e una «Protezione civile di dimensione europea».
«Una federazione che parta con chi ci sta», auspica Nerozzi. «Come ci sono stati dei Paesi fondatori, ci saranno Paesi ri-fondatori». Un tentativo realistico, in ogni caso: «Non nasce oggi la Camaldoli europea, ma da oggi chi, soprattutto fra noi cattolici, ha interesse a costruire un’Europa della pace ha un progetto con cui confrontarsi e al quale, se ritiene, aderire».
All’incontro sono arrivati anche i saluti del presidente dell’Azione Cattolica italiana, Giuseppe Notarstefano, e dell’arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli.«L’impegno ad agire diventa per tutti urgente - ha scritto l’arcivescovo -. Quindi a Camaldoli si ritorna e da qui si riparte.
Le proposte contenute nel documento
«Sarebbe colpevole vivere di utopie. È invece necessario essere visionari, così come lo furono negli anni Cinquanta del secolo scorso i padri e le madri fondatrici del processo di integrazione europea». La professoressa Nicoletta Parisi, docente di Diritto internazionale e dell’Unione Europea alla Cattolica, nel gruppo di esperti che ha stilato il documento per una “Nuova Camaldoli europea”, ha curato l’aspetto più delicato, il cambio di passo richiesto nella governance per evitare che una Unione ormai a 27 resti prigioniera della logica dei veti e delle posizioni nazionaliste/euroscettiche. «Occorre - spiega - una visione alta sulla direzione nella quale andare, su dove e come applicare le nostre energie di costruttori di pace, di democrazia e di benessere diffuso».
Il lungo documento finale, frutto del contributo dei diversi gruppi di lavoro che hanno lavorato lungo tutta l’estate, è stato sintetizzato in un testo agile e snello. L’Unione Europea viene definita «un bene prezioso», che tuttavia va ora ripensato anche «alla luce della situazione geopolitica contemporanea e degli scenari di guerra». Un Codice, quindi, per «preservare l’Unione Europea», con l’obiettivo di «consolidare la sua costituzione materiale e il processo di integrazione settoriale». Il “cambio di passo” auspicato a più riprese da Draghi e Mattarella deve portare «all’integrazione politica fra alcuni Stati, per la creazione di un’unione federale». Il documento la definisce «una responsabilità storica alla quale i cittadini e i governanti europei non possono consapevolmente sottrarsi».
A partire dal documento “Un Codice per una nuova Europa” formulato da 115 studiosi, esperti ed esponenti di movimenti e associazioni laiche e cattoliche, l’Associazione Nuova Camaldoli, lanciano quindi un appello più stringato, «rivolto a ogni cittadino e cittadina che vuole dire il suo sì alla nascita, in tempi rapidi, di una Federazione Europea fra gli Stati che, pur rimanendo all’interno dell’Unione, decideranno di condividere una parte significativa della propria sovranità». Solo così sarà possibile «superare l’attuale crisi di consenso e di credibilità delle istituzione europee, e fare un deciso passo in avanti verso un’Europa equa, solidale, democratica e sostenibile, capace di parlare con una voce sola, di testimoniare e portare avanti i suoi valori, di promuovere la pace, il rispetto dei diritti umani e la cooperazione fra tutti i popoli».
L’Appello per una Nuova Europa definisce l’Unione Europea «un esperimento unico al mondo e nella storia» che, «dopo il disastro di due guerre mondiali», con «il processo di integrazione ha garantito pace e cooperazione, progresso economico e sociale, sicurezza e stabilità a oltre tre generazioni di cittadini europei». «Ma oggi - si prosegue -, di fronte a rinascenti imperialismi e alle minacce interne ed esterne alla democrazia e al diritto internazionale, l’Europa è a un bivio: o sceglie di percorrere più decisamente la strada dell’unità e dell’integrazione o rischia di condannarsi al declino, alla frammentazione e all’insicurezza». Vengono citate al riguardo le parole di Sergio Mattarella: «La difesa della civiltà europea - tutt’uno con lo sviluppo della sua società e della sua economia - richiede il coraggio di un salto in avanti verso l’unità».
Per andare oltre un’Unione lasciata in balìa «dei nazionalismi» e delle «paure», che sia invece basata su «solidarietà, democrazia, giustizia sociale, sostenibilità e pace», occorre quindi «un’Europa più unita e coraggiosa, capace di condividere sovranità su temi cruciali come politica estera, difesa, fiscalità, salute e ambiente». E dar vita a «una fase costituente federale: un gruppo di Paesi disponibili ad accelerare il processo di integrazione deve avviare subito il percorso verso una vera Federazione europea, interna all’attuale Unione, e aperta a quanti successivamente vorranno parteciparvi». In modo da avere «istituzioni democratiche più forti e rapide, per superare veti e lentezze decisionali».
Per quanto riguarda i contenuti si propone «un rilancio del modello sociale europeo, con politiche per famiglie, giovani, inclusione sociale e una gestione umana e lungimirante delle migrazioni». Inoltre: «un’economia equa e sostenibile, che coniughi libertà economica e giustizia sociale, contrastando paradisi fiscali e diseguaglianze». Poi «una transizione ecologica ed energetica giusta, che coinvolga cittadini, imprese e territori, tutelando l’ambiente e la salute». Infine: «una politica estera e di difesa comune, orientata alla pace, alla cooperazione e al rispetto dei diritti umani».
Ma, chiaramente, solo una nuova governance con chi ci sta potrà rendere possibile tutto il resto. Il gruppo di lavoro ha studiato tutte le varie possibilità per andare oltre lo stallo attuale «determinato dalla impossibilità di utilizzare le vie giuridiche aperte dai Trattati di Unione, in particolare dal punto 48, che consente a ogni Stato di proporre modifiche, che però possono diventare operative solo con la ratifica di tutti». «Per dirla tutta - sostiene la professoressa Parisi - ci sembra anche rischiosa la via di una riforma dei Trattati che potrebbe concludersi con un arretramento, fino all’esclusione del primato del diritto dell’Unione sugli ordinamenti nazionali». Scartata come minimalista l’idea di intese settoriali di “cooperazione rafforzata” non resta che da perseguire con coraggio la strada di «una federazione “leggera”, flessibile, rispettosa del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale. «Al nostro gruppo di lavoro - conclude Parisi - ci è parso questo l’unico modo per garantire un futuro all’Unione in grado di rispondere alle esigenze di pace e benessere delle giovani generazioni».
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