Sull’impegno politico dei cattolici italiani 1217-2017. Il Papa celebra con i domenicani gli 800 anni dell’Ordine
gen 13

20170113

Si può essere «equi e solidali» e fare acquisti etici nel mondo digitale? La risposta esatta dovrebbe essere: dipende. Perché se sul web, soprattutto grazie a progetti popolari di raccolta fondi denominati crowdfunding, si possono sostenere tante iniziative etiche, quando ci si sposta sull’acquisto degli oggetti tecnologici, le cose diventano molto più difficili.
A questo punto, permettetemi di aprire una breve parentesi sul mondo del crowdfunding. In Italia ci sono molti servizi che lo propongono. E tutti sostengono storie importanti. Visitandoli si scoprono drammi e disagi, ma anche tanta creatività e la bellezza di un Paese che ogni giorno anche sul web si occupa degli altri. Mi permetto di darvi un consiglio: quando siete sfiduciati, quando pensate che tutto il mondo stia andando a rotoli, fate un giro su questi siti, vedendo quante buone iniziative sono in corso, ne uscirete rinfrancati. Se poi deciderete di donare anche qualcosa, tanto meglio.
Tra i tanti, vi segnalo Rete del dono (www.retedeldono.it), Buona causa (https://buonacausa.org/), Io dono (www.iodono.com), Produzioni dal basso (www.produzionidalbasso.com), Terzo valore (www.terzovalore.com). Chiusa la parentesi.
Torniamo alla questione iniziale. Come si può essere «etici» nel mondo digitale, quando si fanno acquisti di oggetti tecnologici? Alzi la mano chi, prima di comprare uno smartphone, ha fatto ricerche sull’«anima» del prodotto; chi si è interrogato se un iPhone della Apple, un Galaxy della Samsung o i cellulari della cinese Huawei rispettano regole etiche; oppure se - e andiamo sul difficile - le materie prime con le quali sono stati realizzati sono state acquistate da Stati che hanno le mani insanguinate o da Nazioni libere e democratiche che rispettano i diritti dei lavoratori.
Pochi, pochissimi guardano a queste cose. Perché noi compratori siamo pigri, siamo distratti, ci informiamo poco e perché molto spesso le aziende produttrici non ci dicono dove e come (soprattutto in quanto ad «etica») i loro prodotti sono stati realizzati.
Eppure, anche in questo campo, non mancano le alternative. Dal 2014, per esempio, c’è una fondazione olandese che produce e vende uno smartphone «equo e solidale». Si chiama Fairphone (https://www.fairphone.com/). A maggio arriverà il modello di seconda generazione. Realizzato con componenti «etici» e in modo «etico». Viene infatti assemblato in fabbriche che garantiscono diritti sindacali ai loro operai, e usa materiali ricavati da miniere gestite da organizzazioni non governative, fuori dai conflitti militari.
Non solo. Fairphone 2 è telefono modulare. Significa che è fatto di parti componibili. Progettato «per essere smontato e riassemblato in molti dei suoi componenti, così da essere riparato o migliorato a costi contenuti». C’è di più. Fairphone offre un’opzione, «Privacy Impact», di controllo della nostra privacy. Un esempio: quando scarichiamo una nuova app Android, il telefono ci informa su quanti dati sensibili la nuova applicazione userà e in che modo. E ci dà la possibilità di gestirli. In tempi di «cyberspioni» non è niente male.

Gigio Rancilio

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Da  www.avvenire.it del  13 gennaio 2017

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