VANGELO DI DOMENICA 29 gennaio 2012 L’addio a Scalfaro, una vita per la Repubblica
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Una storia qualunque

 

Ha voglia di raccontare qualcosa di sé?images1

Certo. Da dove cominciamo?

Cominciamo dalla fine. Quanti anni ha?

Di anni ne ho tanti. Sono nato all’ inizio del 1900.

E’ stato lungo?

E’ stato lungo come tempo, ma è sembrato corto, breve nel suo passare.

Dove è nato?

Sono nato in oltrepò,in un villaggio di alta montagna , una manciata di case su un pianoro aggrappato ad un monte.

Come era il suo paese?

Un  borgo di montagna,  con case fatte di sassi e legno. Tutte erano densamente abitate, la mia famiglia per esempio era composta da dieci persone. Tutte erano senza luce, senza acqua e senza servizi igienici. Tutte le case avevano al piano terra la stalla e accanto la cascina. Poco lontano c’era il letamaio , il porcile e il pollaio.

 Di cosa si viveva?

Del lavoro della terra. Si può dire che si cercava di essere autosufficienti. Si coltivavano tutti quei prodotti che erano necessari per il proprio sostentamento.  Tutti erano proprietari di terreno, ma erano pochi ettari e sempre insufficienti per il mantenimento di famiglie numerose come le nostre.

Come mai?

Sempre troppi figli. Poi i figli si sposavano e facevano famiglia e i terreni images2venivano divisi tra di loro. Sempre più famiglie, sempre più figli e sempre meno terra per mantenerle.

E allora?

Allora  non bastava lavorare la terra  ma bisognava fare altro. C’era chi emigrava , cercando di guadagnare abbastanza per tornare e comperare altro terreno. Qualcuno non tornava.  C’era chi invece partiva dal paese a cercare lavori stagionali.

Chi partiva?

Partivano gli uomini e partivano le donne. Le donne andavano a mondariso o a servizio,  mentre gli uomini partivano per le varie campagne agricole.

E chi si occupava della casa e dei lavori da fare?

Chi rimaneva. Anche noi bambini davamo una mano. A quei tempi non esistevano mezzi motorizzati. Si arava con l’ aratro tirato dalle vacche, si tagliava il grano con il falcetto e l’ erba con la falce, per i trasporti si usavano le slitte e si andava di vanga e di forca. Anche l’ acqua era scarsa, e per il bestiame ci si riforniva nel torrente che scorreva sotto il paese, con secchi portati a spalla. Il torrente non era vicino ma a mezz’ ora di cammino.  Il bestiame nella bella stagione lo portavamo noi bambini a pascolare sugli alpeggi.

Andava a scuola?images31

Ho frequentato le elementari fino alla terza. Ci andavo quando potevo. La scuola era in un paese vicino e raggruppava tutti i ragazzi del circondario, sette paesi come il mio, in età scolare, dalla prima alla quinta elementare, in una sola stanza. C’ era una maestra per tutti.

Come mai non ha terminato la scuola?

Dovevo lavorare. Era morto il papà, io ero il secondogenito, avevo un fratello più grande di due anni ma gli altri sei erano tutti più piccoli. Erano cinque sorelle e un fratello di pochi anni. Io e mio fratello più grande dovevamo impegnarci molto per il sostentamento della famiglia.

Non è stato facile?

E’ stato difficile. C’ era miseria, poca terra e tante bocche da sfamare. Non c’ erano soldi. Quando serviva sale o zucchero si facevano scambi. Si partiva a piedi con in spalla legna da ardere e si andava nelle valli vicine con la speranza di barattarle con i prodotti che ci mancavano. Per avere qualche soldo andavo anche a fare qualche lavoro.  Quando era stagione partivo a piedi con la mia vanga in spalla e scendevo in pianura cercando la possibilità di andare a lavorare in qualche vigna. A volte non si trovava e ritornavo a mani vuote.  Riprovavo il giorno dopo.

Cosa ricorda di quel periodo?

Ricordo tante cose, la fatica, la disperazione, il freddo, ma il ricordo che più ho impresso è quello della fame. Tutti avevamo fame. C’ era miseria. Era miseria per tutti.

E’ andata avanti molto?

E’ durata molto questa situazione. E’ durata fino a che non si è sposata l’ultima sorella. Poi mi sono sposato anch’ io.

Che anno era?

Era quasi la fine degli anni trenta.images81

Era cambiato qualcosa?

Direi di no. La vita che si conduceva era la solita. Una vita di lavoro duro e di poche soddisfazioni, una vita senza futuro.

Cosa ha deciso di fare?

Non si è potuto decidere niente. Dopo poco è cominciata la guerra e le difficoltà sono aumentate. Poi  c’ è stato il richiamo alle armi, il militare e la prigionia in Germania che è durata due anni. Finita la guerra  , al ritorno la situazione era peggiorata. Dalla terra non riuscivo a ricavare il necessario per la mia famiglia. Avevo anche una bimba di pochi anni che era nata appena prima di partire per la guerra.

Allora cosa ha fatto?

Allora io e mia moglie abbiamo deciso di fare quello che ormai avevano fatto o stavano facendo in molti, partire, andare via, cercare qualche luogo dove fosse meno difficile vivere. Abbiamo lasciato il paese e siamo venuti in città.

E’ stato facile?

Il trasferimento è stato complicato, ma siamo stati aiutati dai paesani e dai parenti che erano partiti prima di noi.

C’ era solidarietà?

Molta. Abbiamo trovato alloggio nelle loro case prima di trovarne uno nostro. Ci sono stati vicini in quei momenti di cambiamento e ci hanno accompagnato in questo cammino non facile. E siamo stati aiutati anche a trovare un’ occupazione.

Quale ha trovato?

Ci sono stati diversi tentativi. Ho fatto diversi lavori e intrapreso alcune attività commerciali, tra le quali anche quella di oste. L’ ultima e la definitiva è stato gestire un negozio di alimentari. Nel frattempo la famiglia era aumentata, mi era nato un figlio.

Le cose andavano meglio?

Il lavoro era tanto e impegnativo, la giornata era lunga e faticosa, non facevamo un giorno di riposo. Ma era niente rispetto a quello che avevo lasciato. Avevamo una casa, era calda, ma soprattutto c’era da mangiare. La vita era migliorata e si guardava al futuro con più tranquillità.

Che anno era?

Erano gli ultimi anni del 1940. La guerra era finita da poco, c’era povertà e miseria ma anche la voglia di migliorare. Si facevano sacrifici, si risparmiava, si facevano economie ma c‘era una speranza e si vedeva una possibilità. In tanti l’ abbiamo colta e ne siamo orgogliosi.

Non ha rimpianto di quello che ha lasciato?

Non ho mai dimenticato il mio paese,  e  quei momenti li porto sempre nel cuore, per quello che hanno saputo darmi nell’ affetto e nel carattere. Ma non potevano darmi altro. I rimpianti sono per la mia giovinezza che è rimasta là, e per quel tempo, pieno di fatiche , sacrifici,   ma…. gli amici…i giochi…i balli…le feste….le….la…. gioventù!!!!

 

Girà ra testa                    8sdsgcakzid7xcapbjbanca0guh1fcang5mpzcas2qlm2caetu3xzca8q5zt4cax1miowcaxja30qca8h7k26ca8nkwq4caogq1nxca9srtsvcafrk28aca5lju44cau3ohkwcacf67umcaxyhjyz

Vardà ar pasà

Al savüür ad cui teemp là

Vardà avanti

Ai nuvità

Sénsa  smentià

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