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Eugenio Borgna - da www.avvenire.it sabato 9 ottobre 2021

Nell’interiorità matura la conoscenza di ciò che siamo, delle nostre emozioni e, ancora più intimamente della nostra anima. Questo ascolto di sé è alla radice di ogni relazione

Apro l’anima e gli occhi. Coscienza interiore e comunicazione è il nuovo libro dello psichiatra e scrittore Eugenio Borgna del quale anticipiamo un brano dalle ‘premesse’. Pubblicato da Interlinea (pagine 112, euro 10,00) arriva oggi in libreria. Il volume prende spunto dalla poetica del sacerdote rosminiano e poeta Clemente Rebora e in particolare utilizza, fin da titolo, un verso della poesia Tempo. L’idea di fondo è la riscoperta della vera anima della comunicazione che nasce sì dalle parole, ma soprattutto dal silenzio e dalla coscienza interiore.

Si comunica col linguaggio delle parole, che è la comunicazione verbale, e col linguaggio del silenzio e della solitudine, degli occhi e degli sguardi, delle lacrime e del sorriso, che è la comunicazione non verbale: le due grandi aree semantiche della comunicazione. Negli svolgimenti tematici del discorso vorrei indicare come queste due diverse modalità di comunicare si snodano in alcune emblematiche condizioni di vita, e come dovremmo di volta in volta comportarci al fine di renderle sempre più dotate di senso, e creatrici di umanità, e di solidarietà, di sensibi-lità, e di gentilezza, di attesa, e di speranza, che si intrecciano le une alle altre. La comunicazione è l’espressione del comunicare, e in vita non è possibile non comunicare, la sola cosa che ci consenta di uscire dalla solitudine; ma è necessario distinguere ancora due diverse forme di comunicazione: quella razionale e astratta, estranea ai contenuti emozionali, e quella animata dalla passione. Lo diceva Giacomo Leopardi: solo se la ragione si converte in passione, diviene strumento di conoscenza, e di comunicazione. La comunicazione razionale è quella che, nella vita quotidiana, si limita a trasmettere cognizioni, e informazioni, con un’arida elencazione delle cose. La comunicazione emozionale è quella che espone le cose con slancio, e con viva partecipazione dialogica. Le stesse cose, esposte con freddezza, o con passione, cambiano di significato, e si imparano con una diversa rapidità, e anche con una diversa partecipazione interiore. Una bellissima poesia di Clemente Rebora ( Tempo) è la premessa, la fonte, delle mie riflessioni sulla comunicazione, e sulle sue metamorfosi, e sono grato a Roberto Cicala, che è l’attuale editore delle più belle opere del grande poeta rosminiano, di avermela proposta. Leggiamola insieme: Apro finestre e porte - ma nulla non esce, non entra nessuno: inerte dentro, fuori l’aria è la pioggia. Gocciole da un filo teso cadono tutte, a una scossa. Apro l’anima e gli occhi - ma sguardo non esce, non entra pensiero: inerte dentro, fuori la vita è la morte. Lacrime da un nervo teso cadono tutte, a una scossa. Quello che fu non è più, ciò che verrà se n’andrà, ma non esce non entra sempre teso il presente - gocciole lacrime a una scossa del tempo. Questa fragile e umbratile riflessione sulla comunicazione interiore sgorga, così, da questa emblematica poesia di Rebora. Ne ho sempre letto le poesie, e i testi religiosi, che si intrecciano le une agli altri nei loro bagliori, e nella loro arcana e ardente spiritualità. I versi, che parlano dell’anima e degli occhi, colgono le radici della comunicazione, di ogni comunicazione, non solo in psichiatria, ma nella vita. Nell’ultima strofa il tempo, che è il titolo della poesia, rinasce nel suo germogliare e nel suo svanire. Nel riflettere sulla coscienza interiore, sull’interiorità, come premessa alla conoscenza e alla comunicazione di quello che noi siamo nei nostri pensieri e nelle nostre emozioni, vorrei ricordare quello che sant’Agostino ha scritto sulla conoscenza di sé, in una ( De vera religione) delle sue grandi opere teologiche e filosofiche. Le sue parole celeberrime sono: «Non uscire da te stesso, rientra in te, nell’interiorità dell’uomo risiede la verità». La mia domanda è questa: ci conosciamo, meditiamo, sappiamo isolarci dalle nostre impressioni immediate, dedichiamo tempo e pazienza indispensabili a conoscere le sorgenti profonde, e non solo quelle superficiali, dei nostri gesti e delle nostre azioni, delle nostre emozioni e dei nostri pensieri? Non c’è bisogno di essere psicologi, e psichiatri, per giungere a conoscere quello che noi siamo nella nostra vita interiore. Ci sono libri che ci aiutano in questo, e che non sono solo di matrice psicologica, ma anche di matrice poetica. Le poesie di Giacomo Leopardi, e anche quelle di Clemente Rebora, sono nutrite di una profonda interiorità e ci aiutano nel conoscere la nostra interiorità. Sì, ci sono attitudini personali nel seguire il cammino misterioso che porta alla conoscenza di sé, ma siamo (tutti) chiamati a conoscere le nostre emozioni, e quelle delle persone che la vita ci fa incon-trare, se vogliamo comunicare con noi stessi e con gli altri. Cose non facili, che si devono nondimeno tenere presenti, se vogliamo dare un senso alla nostra vita e conoscere quello di cui gli altri hanno bisogno, e che non hanno magari il coraggio di chiedere. Siamo circondati da persone, che non conosciamo nella loro fragilità e nella loro delicatezza, e che dovremmo sapere riconoscere. Una straordinaria filosofa francese, Simone Weil, autrice di libri di una indicibile bellezza e di una radicale profondità, morendo a poco più di trent’anni, ha scritto: «Ogni essere grida in silenzio per essere letto altrimenti. Non essere sordo a queste grida». Quando conosciamo una persona non dovremmo mai dimenticare queste parole.

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