Il mese mariano 1° Maggio 2021
apr 29

Non soltanto per noi stessi

Francesco Ognibene - da www.avvenire.it giovedì 29 aprile 2021

L’incertezza è diventata la cifra dominante della nostra vita e la sua ombra non sembra volersi dissolvere. Le incognite sul futuro immediato sono a tal punto contorte che è difficile azzardare una risposta a elementari domande sulle prossime settimane: come si concluderà l’anno scolastico dei nostri figli? Le attività riprenderanno il loro passo normale, oppure ci attende un nuovo dietrofront di serrate e lockdown? E l’estate, sarà almeno una parentesi come quella di un anno fa? Possiamo permetterci di spingere i sogni oltre il confine che ci siamo dovuti imporre? E se poi finisce come nel 2020, col gelo autunnale sulle illusioni agostane? L’orizzonte della quotidianità si è fatto stabilmente corto, con un catalogo di disillusioni ad avvertirci che è bene volare basso con le aspettative.

Eppure, proprio questi sono giorni nei quali le riaperture - caute, ma indiscutibili anche nel loro valore simbolico - inducono a coltivare una certa fiducia su quel che ci attende, soprattutto grazie all’avanzata faticosa eppure certa delle vaccinazioni. Al nuovo passaggio della partita col virus lo scetticismo ora se la deve vedere con una ritrovata speranza, l’attesa che il meglio tanto atteso stia davvero arrivando, e che stavolta possiamo farcela a evitare il ritorno del pendolo dalla frenesia di ripartire al ripiegamento in casa. Sappiamo che una nuova disillusione sarebbe dura da digerire, più delle precedenti. Ma siamo pronti a fare tutto ciò che serve per evitarcela?

Non possiamo negarci che i numeri della pandemia e molte autorevoli voci che li interpretano - anche su queste pagine - ci stanno mostrando come le riaperture sembrino più dettate dal dovere di essere fiduciosi e di dare segnali a chi ha maggiormente sofferto che da una risposta emersa dalle evidenze dei fatti. È un quadro deliberatamente nuovo, quasi imposto con l’ottimismo della volontà, e nutrito con accorto tempismo dall’annuncio in Parlamento del Piano nazionale per ripartire. Un progetto ambizioso, rafforzato dagli argomenti morali spesi dal premier Draghi per mostrare la portata della sfida lanciata proprio a quell’incertezza che sembra tenderci un agguato dopo l’altro, per motivare tutti ad affrontarla senza incertezze e lacerazioni. La realtà è ancora dura, parla di contagi, positivi, vittime e indici tutt’altro che rassicuranti.

E se il trend mostra - e non sempre - una curva al ribasso, sappiamo che si tratta di indicatori estremamente sensibili, e che basta qualche giorno per rimettere in discussione conquiste che parevano acquisite, per l’impatto di variabili che sembrano sovrastarci e sono invece la combinazione di comportamenti e scelte.

Un clima generale di fiducia indotta dai segnali di risveglio e la riconquista di spazi di vita a lungo compressi suggeriscono a molti (forse a tutti noi, chi più chi meno) di crederci inconsciamente ormai oltre la soglia di pericolo, avviati a un ritorno a una vita ‘come prima’, forse per semplice sfinimento. Ma qui sta il passaggio decisivo che stiamo attraversando e che è bene cogliere: per cosa intendiamo spendere la libertà faticosamente riconquistata, e ancora circoscritta? L’esperienza che abbiamo attraversato dovrebbe averci insegnato che non c’è un traguardo consolidato se non lo si raggiunge come corpo sociale. Correre per riprendersi ciò di cui ciascuno si è sentito defraudato da una crisi improvvisa e drammatica porta inesorabilmente a frantumare il senso di un viaggio condiviso: è la leva alla quale lo stesso presidente del Consiglio ha fatto ricorso parlando ai deputati (e agli italiani) di «destino del Paese».

Quando si scorge uno spiraglio affannarsi per entrarci alla svelta mettendo in sicurezza se stessi vuol dire riprodurre uno schema già visto e che si è dimostrato fallimentare: l’idea cioè che il bene di tutti sia la mera somma delle conquiste individuali o di gruppo, un’autodeterminazione della felicità personale - per modesta che sia - che produce lo sgretolamento del senso di comunità al quale abbiamo imparato a guardare come a una risorsa indispensabile. In questi giorni di riapertura, che si annuncia come una promessa a lungo sperata e mai mantenuta, serve il contrario di questa pulsione individualista, fin troppo nota per non scorgerla in azione in comportamenti e idee espresse pubblicamente. Sono piuttosto i giorni di una nuova responsabilità: di questo orientamento al bene di tutti, in fondo, sappiamo che vive l’esercizio della nostra libertà.

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